Non
passa giorno in cui la magistratura non faccia retate di corrotti, di
ladri, di mafiosi, di malavitosi di tutte le risme che si stanno
mangiando il Paese.
Questo
è ormai un Paese corrotto fino al midollo, dove vige la regola del
ricatto incrociato, per cui domina l'omertà a tutti i livelli del
potere.
Se
non ci sarà una decisa sterzata a questo grave stato di cose,
l'Italia è destinata ad impoverirsi ulteriormente.
I
sette milioni di poveri attuali non potranno che aumentare.
La
nostra Società si è imbarbarita e involgarita.
Non
che negli ultimi decenni del secolo scorso le cose andassero tanto
meglio del disastro attuale.
Abbiamo
avuto un presidente del Consiglio che fino al 1980 era in combutta
con la mafia siciliana, mentre un altro è scappato dall'Italia
morendo da latitante.
Ma
allora una grande parte della società reagiva alle illegalità
compiute dal potere manifestando nelle piazze, dandosi una speranza
per un futuro migliore.
Mentre
ora la situazione è peggiorata perché i cittadini paiono
anestetizzati, rimangono inerti davanti a scandali che dovrebbero far
indignare tutte le persone oneste e perbene.
A
questo proposito, lo scrittore Italo Calvino, nel 1980 aveva
pubblicato su Repubblica un “Apologo sull'onestà nel Paese dei
corrotti”, per descrivere com'era allora la società italiana
ma che calza a pennello anche sull'Italietta attuale.
Per
cui ve lo leggo, anche se per questioni di spazio sono costretto a
sintetizzare.
“C’era
un Paese
che si reggeva sull’illecito.
Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere.
Ma questo sistema aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente, cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti.
Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci, si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità, compattezza e coerenza, e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico, senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto.
Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel Paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.
Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione, erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso.
Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili col denaro.
Se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altre persone.
In una Società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano dunque rassegnarsi all’estinzione?
No, la loro consolazione era pensare che così, come in margine a tutte le società durante i millenni, s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo.
Così la controsocietà degli onesti, forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti”.
Personalmente trovo questo apologo, oltre che profetico, fenomenale.
Ora però non posso esimermi nel fare un piccolo inciso, una riflessione sul referendum di domenica.
Molti non si sono recati al seggio per disinteresse.
Perché il quesito referendario non lo entusiasmava.
Perché quel referendum non incideva in alcun modo sulla sua vita.
Perché se ne è andato al mare.
Perché semplicemente non ne aveva voglia.
A questi cittadini voglio leggere un aforisma di Bertolt Brecht scritto nella Germania del 1932, dunque, prima dell'ascesa al potere di Hitler.
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi
vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato, perché mi erano
fastidiosi.
Poi
vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente, perché non
ero comunista.
Un
giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a
protestare, (a
difendermi)”.
Riflettano
coloro non hanno voluto recarsi al seggio a votare.
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