Il governatore della Banca d’Italia Panetta, al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, ha sottolineato che il nostro debito pubblico ci costa di interessi quanto spendiamo per l’istruzione. Una cifra enorme. Ma per capire l’origine di questo disastro, bisogna andare alla radice. I costi delle nostre opere pubbliche sono fuori da ogni logica economica e commerciale. In Italia tutto costa di più rispetto agli altri Paesi europei.
Ad esempio i
costi del fantomatico Ponte sullo Stretto.
Tutti dicono
che a volerlo sia Salvini, ma questo è semplicemente assurdo. Non si muove
foglia che la Meloni non voglia. Per cui è la Meloni il principale soggetto che
spinge per la sua costruzione non solo il solito cazzaro
verde.
Eppure quando
il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, è stato sentito dal Parlamento sul
decreto infrastrutture, ha dichiarato che sul Ponte è stato messo in piedi un
meccanismo infernale che addossa alla parte pubblica tutti i rischi che farà
esplodere i costi prima ancora di avere la certezza che si possa realizzare.
Pietro Salini, il capo della Webuild che dovrebbe costruire l’opera (ma io penso non si farà), quel Salini che qualche anno fa voleva fottere (uso il suo linguaggio) 1 (uno) miliardo allo Stato per il blocco del progetto voluto dal governo Monti nel 2012, ha deriso Busia capo dell’Autorità anticorruzione dicendo:”Dice (Busia) che c’è il rischio che aumentino i costi. Ma lui è capace di evitarlo? Se sì, firmiamo un contratto in cui garantisce lui”. Chiaro e tondo, Salini sa già che aumenteranno i costi futuri senza nessun problema per Webuild, tanto paga lo Stato Pantalone.
Uno
scandalo. Una roba da terzo mondo!
Infatti
Salvini e Meloni hanno deciso che il Ponte non avrà un costo predeterminato,
cancellando ciò che era stato scritto nel Def dell’anno scorso, ovvero 14,5
miliardi.
I futuri
aumenti non verranno aggiornati con atti aggiuntivi che dovranno far riemergere
il contratto stralciato nel 2012 per evitare che scattassero le penali.
Per cui chi
verifica la congruità? Secondo il nuovo decreto Meloni e Salvini, non ci sarà
nessun passaggio al Comitato interministeriale per la programmazione economica
(Cipess) presieduto dalla stessa Meloni; non potrà intervenire la Corte dei
Conti; e non sarà possibile istituire una Commissione parlamentare.
Quindi il
ponte potrebbe costare anche 30 (trenta) miliardi e l’Anac chiede di non farlo
così, ma come le regole europee ci impongono, ovvero indire una nuova gara se il
nuovo costo supera del 50% del contratto precedente che era di 3,8 miliardi nel 2005 contro gli attuali 14,5. E poi un'altra chicca. Nel recente Dl
il governo ha deciso che il progetto esecutivo si può spezzettare.
Ma sempre l’Anac ha spiegato che: “La progettazione esecutiva per fasi è
adatta per un’opera pienamente fruibile anche in caso di mancata realizzazione
degli ulteriori stralci progettuali. Condizione che non sembra sussistere in
questo caso”.
Ed ecco la
risposta del presidente della società Ponte sullo Stretto che presenterà
(forse) il progetto esecutivo e gestirà la costruzione dell’opera, Pietro
Ciucci. Per conoscere meglio il soggetto, leggete il post del 15 settembre 2023.
Ecco cosa dice sugli stralci progettuali: “Il ponte è un insieme di opere: le opere anticipate, quelle di
accompagnamento ambientale, i raccordi a terra, oltre 40 km di strade e
ferrovie, funzionali, percorribili e utili fin da subito alla popolazione”.
Ecco il
trucco.
Partono i
lavori anche senza il progetto esecutivo, che potrebbe essere bocciato,
alimentando le consulenze, progetti, espropri e altre opere accessorie.
Insomma un bengodi, una cuccagna per tutti meno che per i cittadini che devono pagare il conto, anche
se il ponte non si farà.
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