Il ministro dei beni culturali Sandro Bondi, dopo il crollo della “Domus dei gladiatori” a Pompei, ha dichiarato che non si dimette perché non si sente colpevole dell’accaduto e che i problemi della città romana sepolta dal Vesuvio nel 79 d.c., sono vecchi di decenni.
Forse Bondi non conosce l’etica del comando. Non sa o non vuol sapere che chi è al più alto grado nella scala gerarchica è comunque responsabile dell’operato dei suoi sottoposti. Trovo questo modo di giustificarsi penoso.
Poi emergono altri fatti che lo vedono coinvolto e che non possono essere taciuti.
I casi emersi recentemente dimostrano che l’ometto non è così puro e bianco come un giglio, non è un ingenuo come vuole apparire.
Ecco alcuni esempi.
La compagna del ministro, l’on. Manuela Repetto, ha un figlio ventiquattrenne di nome Fortunato. Studia ancora all’università e quindi non è laureato.
Ebbene, questo ragazzo, fortunato di nome e di fatto, ha trovato un impiego alla direzione generale del cinema. E da chi dipende questa direzione? Ma dal ministero dei Beni Culturali quello dell’egregio Bondi. Ma la storia non è finita. Anche l’ex marito della Repetti è tra i beneficiari del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) a 25mila euro annui.
Epperò, quando a Bondi fanno notare che non sta bene che il figlio e l’ex marito della sua compagna lavorino nel suo ministero, il nostro uomo cade dal pero e risponde alle critiche così: “Sono intervenuto solo per risolvere due casi umani”. Stupefacente.
Poi emergono altri fatti che conducono al ministero di Bondi e mi riferisco alla gestione del sito archeologico di Pompei.
Sull’Espresso sono evidenziati dei costi che il ministro conosce o avrebbe dovuto conoscere.
Un giorno, Sandro Bondi, annuncia che il 28 ottobre del 2008, Berlusconi avrebbe visitato Pompei. Per questo evento che poi non si è concretizzato, sono stati spesi 60mila euro, più 11mila per la pulizia delle aree dell’eventuale visita del re Sole di Arcore e 9.600 per la sua “accoglienza”.
Sempre a Pompei sono stati spesi 12mila euro per rimuovere 19 pali della luce.
185mila euro sono serviti per il progetto “PompeiViva”. Soldi dati alla onlus romana, CO2 Crisis Opportunity, fondata da Giulia Minoli, figlia di Gianni e che ha avuto come testimone di nozze, il sottosegretario Gianni Letta. Il marito di Giulia Minoli è Salvo Nastasi che è, guarda che coincidenza, direttore generale del ministero dei Beni culturali.
Insomma, se Bondi dovesse essere all’oscuro di questi fatti che, anche se legittimi, sono comunque casi evidenti di nepotismo, dovrebbe dimettersi per evidente incapacità di gestire un ministero così importante per il nostro Paese.
E poi il caso venuto alla luce recentemente, grazie al Fatto Quotidiano, in cui è protagonista la bulgara Dragomira Michelle Bonev, una stangona alta un metro e ottanta, amica del premier bulgaro e naturalmente di Berlusconi,
La Bonev, è la produttrice e l’attrice nel film Goodbye Mama la cui programmazione non è prevista nell’ambito della Mostra del cinema di Venezia. Non è inserita nel programma ufficiale. Ma comunque questo film deve essere presentato al pubblico, cos' vuole Dragomira Michelle. E così, con un volo privato da Sofia, è arrivata per la prima del film la delegazione bulgara composta da 32 persone rimaste nella città lagunare per 3 giorni, ospiti in hotel a 5 stelle.
Le cronache parlano di cene e pranzi pantagruelici.
E con un finale pirotecnico, incredibilmente, è stato inventato un nuovo premio all’interno della Mostra per poter così soddisfare le brame “artistiche” della bella cineasta. Stupefacenti le motivazioni: “(…) il film è stato scelto per l’attenta e inedita esplorazione da parte dell’universo femminile, delle dinamiche di una realtà in rapida trasformazione” (ecc. ecc.).
Dopo queste performance italo – bulgare, un settimanale bulgaro, “168 ore”, una specie di “Espresso” locale, si chiede chi abbia pagato il conto di quella folta delegazione al seguito della Bonev. E così, dopo un’interrogazione parlamentare, il ministro della cultura della Bulgaria, Vejdi Rashidov, dichiara al Parlamento bulgaro che: “a pagare era stato il ministero dei Beni culturali italiano”. Bondi smentì tali affermazioni e così Rashidov dovette ribadire ciò che aveva dichiarato aggiungendo: “L’importante è che non abbiamo pagato noi. Tutto è in regola. Paga chi è più ricco. Il valore annuale del loro settore cultura è del 3% del Pil, il nostro è solo dell’0,3%”.
Lo stesso premier bulgaro, Borisov, ha dichiarato: “Tutte le spese, incluso il viaggio, sono state a carico di chi ci ha ricevuto”.
Emerge poi, che il 25 agosto Bondi, aveva invitato ufficialmente alla Mostra il suo omologo bulgaro.
Un invito dove veniva elogiata la famiglia tradizionale e che chiudeva così: “Suggerendo come rapporti all’interno della cellula familiare siano alla base di una nuova società aperta e attenta alla difesa dei diritti umani. In attesa di incontrarLa (…)”.
Ora non importa qual è il pensiero bondiano riguardo la famiglia o famiglie, visto che molti di coloro che si dichiarano per una famiglia tradizionale ne hanno due o più, ma mi pongo la domanda: chi ha pagato i costi dei bulgari?
Io penso che Bondi, come ministro della Repubblica, dovrebbe sentire la responsabilità e dimettersi visto le troppe volte in cui il suo ministero è stato coinvolto in situazioni molto poco edificanti.
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